giovedì 28 maggio 2009

Poesia e musica: The Doors


Forse è una tradizione ormai perduta, ma fino a pochi anni fa, la maggior parte dei diari scolastici o personali (soprattutto delle ragazze) erano pieni, oltre che dei propri pensieri, anche di frasi pronunciate da poeti e cantanti celebri.
Le più gettonate erano sicuramente quelle scritte da uno dei più grandi miti della musica rock, nonché poeta ispirato: Jim Morrison.
Proviamo allora a conoscere meglio questo personaggio e l’influenza che egli ha avuto nel mondo musicale.
In effetti, ci sapeva fare con le parole Jim e tra i primi ad accorgersene fu un suo amico tastierista, Ray Manzarek, al quale un giorno egli canticchiò un suo testo, ammettendo però di non poterne scrivere la musica in quanto totalmente inesperto nel campo.
Ma questo non rappresentò un problema per Ray, che comprendendo subito le grandi qualità artistiche dell'amico, volle formare con lui un gruppo, insieme al batterista John Densmore e al chitarrista Robby Krieger.
Il nome fu scelto dallo stesso Morrison e a suggerirlo fu un libro di Aldous Huxley: “The Doors of Perception”.
Fu così che in quel di Venice Beach, in California, nel 1965, nacquero The Doors.
Iniziarono ad esibirsi dal vivo in vari locali nella zona di Los Angeles, tra i quali il più famoso era il Whisky a Go Go, dove vennero notati da un discografico della Elektra, che ne volle produrre subito un disco.
Era il 1968 ed il primo album, omonimo, venne dato alle stampe. E fu subito un successone. Il singolo “Break on Through (To the Other Side)”, ma soprattutto “Light my Fire”, ne furono colonne portanti, insieme a “The End” facendogli conquistare le vette delle classifiche.
Un sound che miscelava jazz, rock psichedelico, blues e pop, era il segno distintivo del loro stile. Caratterizzato inoltre dalla messa in risalto della tastiera/organo (suonata spesso su toni alti) di Manzarek, che riusciva anche a sostituire il basso, strumento che in realtà mancava nella line-up della band.
Oltre naturalmente alla voce calda e mistica di Morrison e ai suoi testi che traevano ispirazione da Huxley, Rimbaud, Nietzsche e dall’uso sconsiderato di droghe e alcol.
Famose erano le loro esibizioni live, spesso molto tirate da parte di tutta la band, dove però spiccava soprattutto Morrison, a volte sotto l’effetto di allucinogeni, fonte di adulazione da parte dei fan, che lo acclamavano (e lo fanno tutt’ora) in maniera quasi religiosa, rendendolo uno dei frontman più celebri di tutti i tempi.
Altri album seguirono negli anni seguenti, che bissarono il successo del precedente e lanciarono altri pezzi indimenticabili come “People are Strange”, “Love me Two Times” , dall’album Strange Days, “Roadhouse Blues” , da Morrison Hotel, per finire con “Riders On The Storm” tratto da L.A. Woman del 1971, anno infausto per la storia del gruppo.
Erano passati solo sei anni infatti, dalla nascita della band, quando Jim Morrison venne trovato morto in una vasca da bagno, a Parigi, all’età di soli 27 anni. Le cause del decesso non vennero mai chiarite in realtà, non essendo mai stata fatta un’autopsia sul suo corpo. Ed anche il funerale fu solo per pochi intimi.
Tutto questo naturalmente contribuì a creare un alone di mistero sulla storia del personaggio e ad ampliare la sua già grandissima fama.
Il resto della band pubblicò ancora due album dopo la morte di Morrison, ma con scarso successo, fino all’effettivo scioglimento avvenuto nel ’73.
Ci furono comunque altre occasioni in cui i Doors si riunirono, delle quali però a mio parere solo due sono degne di nota: nel ’78 quando registrarono l’album An American Prayer sovrapponendo la voce registrata di Morrison (perlopiù poesie) alla loro musica, riscuotendo un discreto successo; e nel ’93 quando si esibirono per la loro introduzione nella Rock and Roll Hall of Fame con alla voce Eddie Vedder dei Pearl Jam.
Estrosi musicisti, sempre in perfetta armonia tra loro, hanno dato vita ad un sound inimitabile che il tempo non ha scalfito e che ha costituito una delle più belle pagine mai scritte nella storia del Rock…il mito dei Doors, grazie alla loro musica, di certo non morirà mai!


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venerdì 22 maggio 2009

La Cantina del Vinile: Gerry Rafferty


Questa rubrica ha sempre avuto come obiettivo quello di ridare voce ai grandi artisti scomparsi dalla scena internazionale. Gerry Rafferty è andato oltre: è scomparso da tutti. E’ introvabile. Molto probabilmente direte: "Ma chi se ne frega!". Sarebbe un errore pensare questo. E vediamo perchè.
Nato in Scozia nel 1947 da padre irlandese e madre scozzese, il desaparecido Gerry ha contribuito in maniera decisiva nel raffinare la musica pop rock degli anni ’70 regalando, con i suoi brani rasserenanti e molto delicati, un tocco di classe che definire geniale è poco. La sua voce ricorda quella di Paul McCartney, e questa somiglianza vocale rievoca nelle sue canzoni, sonorità molto vicine a quelle degli scarafaggi di Liverpool, ma anche a quelle degli Eagles.
La sua carriera artistica comincia come leader degli Humblebums (1971), e successivamente degli Stealers Wheel, gruppo fondato insieme all’amico Joe Egan nel 1972. E proprio con quest’ultimo gruppo incide Stuck in the Middle With You, brano che riscosse un ottimo successo, reso anche celebre dal film Le Iene di Quentin Tarantino.
Nel 1975 il gruppo si sciolse, e tre anni dopo, Gerry Rafferty si presenta con City to City, che si può definire come l’album di maggior successo, a tal punto da scalzare Saturday Night Fever dalla cima delle classifiche. Tra i brani presenti oltre alla magica Right Down the Line, una menzione particolare merita Baker Street. Proprio intorno a questo brano, ruota la sua fama ed anche la sua misteriosa vita. Baker Street è una famosa via di Londra, e rifacendosi a ciò scrive questo pezzo per raccontare le sue esperienze giovanili di musicista nella metropolitana della città. Il brano può considerarsi come un mix tra lo strumentale e il soft rock, dove la presenza del sassofono crea un’atmosfera molto blues che si alterna con i virtuosismi della chitarra elettrica. Riconoscerete il riff con il sax, ascoltato durante la presentazione dei Filmissimi su Canale5.
Gli album successivi non sorridono a Gerry. Il suo successo rimane ancorato a Baker Street ma questo non pesa sulla sua notorietà. Rinuncia ai concerti e alle apparizioni live, dedicandosi alla registrazione di alcuni album interlocutori.
Ma non rinuncia all'alcol. Un suo vizio dal quale non è riuscito mai a staccarsi. Nel luglio del 2008 in un albergo londinese mise a soqquadro la sua camera e dopo qualche giorno fu ricoverato presso il St Thomas' Hospital per problemi al fegato. Ma il 1° agosto 2008 scappò via e sparì nel nulla. Da allora non si hanno più sue notizie. Varie voci si sono sparse, alcune anche sulla sua presunta morte. Ma il suo portavoce smentì il tutto, rivelando che Gerry Rafferty stava bene e che voleva essere lasciato in pace. Se come dicono, i diritti di Baker Street rendono 90 mila euro annui, la pace l’ha proprio trovata.
Baker Street era anche la residenza londinese di Sherlock Holmes e pertanto, ora come non mai, il supporto dello scaltro detective sarebbe indispensabile per ritrovare il vecchio Gerry. Unico indizio? Il video del brano…


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martedì 19 maggio 2009

La "voce rotta" che incanta


Quanti di voi, vedendola esibire nella finale di X-FACTOR, cantando l’inedito Non ti scordar mai di me, non avranno pensato: “Bella voce, bel visino, canzone orecchiabile… Ma viene da un reality… La solita meteora, tra 2 mesi non se ne sentirà più parlare…”.
Ebbene: i due mesi sono trascorsi in fretta, il suo primo singolo, Non ti scordar mai di me appunto, ha venduto migliaia di copie, diventando il classico tormentone che si ascolta ovunque, e Giusy Ferreri è divenuta ben presto uno dei volti più noti in assoluto!
Ma come tutti sanno, raggiungere il successo non è impresa poi così proibitiva ed impossibile; difficile è mantenerlo, il successo.
Ecco perché il momento delicato, nella vita di un artista emergente, è quasi sempre il passaggio dal primo al secondo singolo… Ma l’interprete siciliana ha superato brillantemente anche quest’esame, proponendo Novembre, brano frenetico e (tanto per cambiare) molto orecchiabile, che è stato programmato in tutte le radio in maniera incessante, per mesi e mesi, facendo di questa potenziale meteora, un’interprete affermata e conosciuta ormai da tutta la nazione.
L’enorme successo di questa talentuosa cantante, ex cassiera della Esselunga in aspettativa, è scandito da quella tipologia di voce che potremmo definire “rotta”, che dispensa brividi ad ogni ascolto… Inoltre, questo suo particolarissimo timbro è supportato da una potenza vocale incredibile… Tutto ciò in un esserino di un metro e cinquantacinque centimetri di altezza per 48 kg di peso!
Successivamente a Novembre, Giusy Ferreri stupisce ancora. Il terzo singolo, estratto dall’album Gaetana, si chiama Stai fermo li; bellissima canzone introspettiva, impreziosita da un ottimo arrangiamento, che mette in evidenza le sue straordinarie peculiarità vocali.
Con questo nuovo brano, l’astro nascente conquista mari e monti… E’ il segno evidente e definitivo che una nuova valida artista è pronta ad arricchire il panorama musicale italiano.
Piovono così le ospitate, gli articoli a lei dedicati, le sterminate interviste… E piovono anche le innumerevoli copie dell’album vendute.
Ed è recentissimo l’ultimo singolo presentato dalla Ferreri, La scala; brano anche questo molto orecchiabile, facile da ricordare e dal ritornello molto piacevole.
Insomma, siamo dinanzi ad un album che non lascia spazio né alla noia né alla delusione… E’ invece un lavoro qualitativamente valido e insito di belle sensazioni da regalare.
Se i reality show sono dunque in grado di sfornare artisti di questo calibro, allora lunga vita a tali programmi televisivi; bistrattati, derisi, duramente attaccati… Ma in fondo (molto spesso) funzionali!


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venerdì 15 maggio 2009

La musica si fa rock: Led Zeppelin!


Considerati i padri dell' Hard Rock e dell' Heavy Metal, uno dei gruppi di maggior successo degli anni '70, nessun aggettivo rende l'idea di quale sia stato l'immenso valore che questa band abbia apportato alla musica.
Parliamo di una leggenda, parliamo dei Led Zeppelin.
Jimmy Page (chitarra), John Paul Jones (basso), John Bonham, detto Bonzo (batteria), dopo varie esperienze da session man, fondarono il gruppo nel 1968 insieme a Robert Plant, voce inconfondibile che avrebbe dato un marchio distintivo al loro sound originale.
Influenze blues e folk, unite ad un rock duro, caratterizzarono lo stile dei primi album: "Led Zeppelin I" e "Led Zeppelin II" consacrarono subito il successo della formazione, portandola al numero uno sia nel Regno Unito che negli USA. E pezzi come "Dazed e Confused" e soprattutto la dirompente "Whole Lotta Love" non lasciavano dubbi sulla statura artistica che questa band avrebbe rappresentato nel corso degli anni.
Il loro terzo disco, "Led Zeppelin III" (indovinate il nome del quarto!), segnò sia l'affermarsi del successo commerciale che una definitiva rottura con la critica musicale.
Ad aprire l'album un pezzo potentissimo, "Immigrant Song", nel quale la voce di Plant e la chitarra di Page sembravano unirsi in un unico strumento. Ed il resto del disco poi, lasciava spazio a sonorità molto più folk. Fatto quest'ultimo per nulla gradito alle principali riviste specializzate dell'epoca, che vedevano in questo cambiamento, una perdita di smalto nelle sonorità tipiche della band.
Ma è nel ’71 che arriva l'album capolavoro. Una produzione fantastica, che comprende anche la canzone forse più famosa del gruppo, “Stairway to Heaven”: un pezzo strabiliante, con un inizio lento, acustico, che sfocia poi in un hard rock molto tirato in puro stile Zeppelin. Il tutto ad accompagnare un testo, scritto da Plant, sui temi Tolkeniani a lui molto cari.
Famoso anche per la sua versione live, in cui Jimy Page sfoderava la famosissima chitarra dal doppio manico (a 6 e 12 corde), questo pezzo viene spesso giudicato tra i più belli che la storia del Rock ci abbia mai regalato.
Ma questo disco racchiude in sé anche una componente molto misteriosa.
A partire dal titolo, che in realtà non c'è, almeno ufficialmente. "Led Zeppelin IV" (come in seguito venne indentificato), non presenta infatti alcun titolo in copertina, e come unica firma sul retro, ha solo quattro simboli, che in realtà rappresentano i singoli membri del gruppo.
Ed è qui che il mistero si infittisce. Nonostante le ripetute smentite infatti, questi simboli sembrano essere dei riferimenti satanici e ad avvalorare questa tesi fu soprattutto la grande passione che lo stesso Page aveva per il satanismo (suo, peraltro, il simbolo più strano, rappresentato da una strana scritta: ZoSo).
Oltre poi ai messaggi subliminali che secondo molti sono inseriti in “Stairway to Heaven”: si dice infatti che un suo verso, ascoltato al contrario, contenga un inno al demonio.
Fu solo casualità? Nessuno ha mai dato una risposta a questo. Ma di certo non si può ricordare uno dei dischi più venduti e più belli della storia solo per le strane leggende ad esso collegate.
Altri cinque album (tra cui un live) vennero pubblicati nel corso degli anni settanta ed ebbero sempre un grande successo, lanciando spendidi pezzi come “Kashmir”,”Fool in the rain” e “All my love” , solo per citarne alcuni.
Fino al 1980, quando una tragedia si abbatté sulla band: John Bonham (considerato uno dei più grandi batteristi di sempre), dopo una serata passata a bere in modo sconsiderato durante una festa a casa di Page, morì per soffocamento nel letto dove era stato messo a dormire.
Molti vollero ricondurre le cause dell’accaduto all’avverarsi di una maledizione dovuta alla svolta satanista che Jimmy Page aveva portato nel gruppo.
Ma al di la delle superstizioni, purtroppo la storia dei Led Zeppelin finì in quel preciso istante: gli altri membri della band infatti decisero di non poter andare avanti senza di lui e mantenendo comunque i loro progetti solisti, si riunirono in seguito solo in pochissime occasioni, con alla batteria il figlio di John Bonham, Jason.
Come accadde l’ultima volta nel dicembre 2007, alla O2 Arena di Londra, con una storico concerto/reunion (considerato da Plant l’ultimo) per soli 21.000 fortunati fans. Molto pochi, se si considera che le richieste per i biglietti vennero fatte on-line da 20 milioni di persone in meno di 48 ore!
Un record assoluto, al quale solo una band della loro portata poteva aspirare.
Billy Joel ha detto: "Il rock è morto il giorno in cui è morto John Bonham".
Potrebbe sembrare un' affermazione un po' eccessiva, ma ascoltando la musica che i Led Zeppelin hanno lasciato in eredità al mondo, non possiamo che essere d'accordo con lui.



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martedì 12 maggio 2009

La Cantina del Vinile: Fine Young Cannibals


Modificando un’affermazione recente, si può dire che sono belli, giovani e…cannibali. Sono i Fine Young Cannibals, gruppo pop rock britannico che prende il nome da un film del 1960, All The Fine Young Cannibals. I F.Y.C. nacquero a Birmingham nel 1984 grazie all’apporto di Andy Cox e David Steele, due ex membri di una formazione ska chiamata The Band, e dalla voce del cantante e attore provetto Roland Gift.
Nel 1985, il loro omonimo album d’esordio, Fine Young Cannibals, diede modo loro di farsi apprezzare a livello internazionale sfruttando il traino del brano Johnny Come Home, dove la voce R&B in falsetto di Gift si abbinava perfettamente al ritmo dance del pezzo. Il disco raggiunse subito la top ten ma ciò non entusiasmò i componenti della band che nel giro di qualche mese si allontanarono. Gift ritornò a provare con il cinema; il duo Cox e Steele si diede alla musica house.
Ma seguendo l’esempio di Johnny, anche i F.Y.C. tornarono a casa. Nel 1989 tornano a “divorare” le radio e le hit parade. Registrano l’album di maggior successo che li consacra in ogni angolo del pianeta: The Raw And The Cooked. A decretare il boom di questo album concorre, oltre alla ballata Good Thing, l’energica She Drives Me Crazy, brano indimenticabile caratterizzato da un crescendo musicale e dal trasformismo vocale di Roland Gift da far rabbrividire anche Linda Blair nel film L'esorcista. L’anno seguente, ai Brit Awards, ottengono il premio come miglior gruppo e miglior album dell’anno, ma rifiutano di ritirarlo per protestare contro il governo della Thatcher.
Nei lustri successivi, i Fine Young Cannibals ricomparvero con alcune raccolte senza tornare a incidere brani inediti. Saranno stati avari con la discografia, ma con She Drives Me Crazy ci hanno fatto diventare matti. E il video lo dimostra.

venerdì 8 maggio 2009

MogolAudio2: poesia in musica


Lui rappresenta in assoluto la storia della musica leggera italiana… Il paroliere per antonomasia.
Loro sono un duo napoletano di successo, da anni oramai sulla cresta dell’onda.
Mogol (al secolo Giulio Rapetti) e gli Audio2 hanno scelto di dar vita ad un’insolita collaborazione, che rappresenta senza ombra di dubbio la sorpresa musicale di questo 2009.
La notizia circolava nell’aria già da tempo, ma ora, finalmente, si è tramutata in una bella realtà.
Il progetto prende il nome (forse un po’ scontato) di MogolAudio2; ed è la prima volta, in quarant’anni di carriera, che il paroliere milanese da il proprio nome ad un album.
Segno evidente, questo, delle forti aspettative e della passione che Mogol ha riposto nel progetto.
Da parte loro, gli Audio2 non possono che considerarsi fortunati e onorati di lavorare col celebre maestro, protagonista di mille avventure e di incommensurabili successi assieme all’amico-collega Lucio Battisti (duo compianto e irripetibile).
Mogol ha dunque impreziosito con i suoi testi le musiche scritte dal gruppo stesso, formato da Giovanni Donzelli e Vincenzo Leomporro, che esordì nel 1993, con l’omonimo album Audio2, destabilizzando un po’ tutti (e lo stesso Mogol!) per via dell’incredibile somiglianza della voce del leader con Lucio Battisti. Da non sottovalutare, poi, il fatto che gli Audio2 possono vantare diverse collaborazioni (come autori) con la voce italiana numero uno, Mina.
Il disco MogolAudio2 contiene 10 brani inediti, genere pop di matrice anni 70, con arrangiamenti di geniale modernità. Il primo singolo che apre l’album si intitola Prova a immaginare, canzone il cui testo esprime tutte le inquietudini che invadono la coppia, quando tutto sembra perfetto, ma subentra la paura che l’incanto possa dissolversi di colpo e senza un perché.
Il maestro Mogol, dunque, dopo esser diventato, già da qualche anno, in maniera stabile, l’autore dei testi degli ultimi lavori di Adriano Celentano, si rimette in gioco con gli Audio2, appunto, scrivendo un nuovo episodio della sua leggendaria e impareggiabile carriera artistica… Che speriamo sia l’ennesimo di un’ancora lunga, lunghissima storia da raccontare.


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mercoledì 6 maggio 2009

Il sound globale dei Toto


Dopo aver parlato di alcuni generi che hanno rivoluzionato e ampliato i confini del mondo musicale, proviamo ora a soffermarci su un unico gruppo, che per le sue caratteristiche, è difficile da collocare in schemi ben definiti.
Ci riferiamo in particolare ad una band che già nel nome specifica l'assenza di qualsiasi classificazione: i Toto.
Era il 1976 quando, a Los Angeles, due fratelli di chiare origini italiane e dal cognome quantomeno improbabile, ossia Jeff e Steve Porcaro (batterista e tastierista), insieme al chitarrista Steve Lukather, al bassista David Hundgate, all'altro tastierista David Paich e al cantante Bobby Kimball, formarono il gruppo.
Ed il nome lo trovò Jeff:, prendendolo dal film "Il Mago di Oz", dove la protagonista, Dorothy, aveva un buffo cagnolino, che per l'appunto si chiamava Toto. Lo propose alla restante parte della band, che lo accettò aggiungendoci poi anche un significato più alto. Nell'accezione latina infatti, Toto significa "totale" , "che comprende tutto". Esattamente come avevano in mente dovesse essere la loro musica, caratterizzata sia da sonorità più rock in stile anni ’70, che da un sound molto più pulito, più raffinato, con arrangiamenti iper melodici che abbondavano di tastiere cristalline e cori polifonici.
Il primo album, omonimo, arrivò l'anno seguente, nel 1977 e fu subito un grande successo. Il singolo "Hold the Line" scalò rapidamente le classifiche e la band ricevette anche una nomination per un Grammy. Ne seguì, oltre alla pubblicazione di altri due singoli, anche un tour in America, di grande successo.
I seguenti due album invece, "Hydra" e "Turn Back", non riuscirono ad eguagliare le vendite di "Toto", nonostante la grande popolarità del singolo "99" contenuto nel primo.
Ma il successo comunque tornò con il disco seguente: "Toto IV", pubblicato nel 1982. E fu di immense proporzioni.
Canzoni come "Africa" (nel Video) e "Rosanna" furono le due principali hit che spinsero l'album in cima a tutte le classifiche, facendolo diventare un enorme successo sia commerciale che di critica e portandolo a vincere sei Grammy Award.
Gli anni che seguirono furono altalenanti, sia dal punto di vista musicale, che da quello della formazione della band stessa.
Sebbene il livello tecnico artistico dei dischi fu sempre molto alto, non sempre fu accompagnato da grandi vendite, se non in alcuni casi. E i problemi erano inoltre rappresentati da vari cambiamenti apportati nella line-up del gruppo: il cantante venne sostituito più volte e ci furono alcune defezioni e relativi subentri anche per il bassista ed il tastierista. Da ricordare comunque in questo periodo l'album "Fahrenheit", che nonostante le vendite non all'altezza, conteneva però la bellissima ballata "I'll be Over You".
Fino poi ad arrivare al 1992, anno sfortunato per i Toto, quando purtroppo Jeff Porcaro perse la vita per una semplice reazione allergica ad un pesticida che stava usando nel suo giardino.
Dopo la sua morte la band era sul punto di sciogliersi, ma grazie anche alle insistenze da parte della famiglia del batterista, e dopo aver trovato un valido sostituto, decise di continuare la sua avventura, non senza prima aver dedicato un concerto tributo all'amico scomparso, al quale presero parte numerose personalità dello star system musicale.
Avventura che attraverso varie vicissitudini dovute ancora a diversi abbandoni, ma anche a rientri, come quello del primo cantante della band, Bobby Kimball, è continuata ancora, fino alla pubblicazione dell’ultimo album, "Falling In Between", nel 2006. Produzione questa che ha ricevuto consensi sia da parte dei fan che dalla critica musicale, rinfrancato anche da un discreto numero di vendite.
E dopo il tour che ne seguì, purtroppo, diversi rumors sullo sciogliemento del gruppo iniziarono a spargersi, confermati anche dal chitarrista fondatore della band, Steve Lukather, ormai indirizzato ad una carriera da solista.
Nonostante le voci comunque, l’ufficialità di questa dolorosa separazione non è arrivata, e noi siamo ancora fiduciosi di poter ascoltare in nuovi album e nuovi concerti, quella band che lo stesso Eddie Van Halen ha definito come "collettivamente i migliori musicisti del pianeta": i Toto!


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Domani 21/4.09

Dalle 3.32 di questa notte, a un mese esatto dal tragico sisma in Abruzzo, si può ascoltare nelle radio italiane una nuova canzone, Domani 21/4.09, nata da un'idea di Jovanotti, Giuliano Sangiorgi e Mauro Pagani (autore del brano), che vede la partecipazione di tutto lo star-system della musica italiana.
Questo progetto mira a raccogliere fondi per la ricostruzione del teatro e del conservatorio de L'Aquila.
Il titolo deriva dal giorno in cui tutti gli artisti si sono riuniti per incidere il brano nelle Officine Meccaniche, studio di registrazione di Mauro Pagani a Milano. Ben 56 sono i big della musica italiana che hanno aderito a questa operazione benefica.
Oltre ai già citati Jovanotti, Giuliano Sangiorgi e Mauro Pagani, prestano la loro voce anche artisti del calibro di Ligabue (che apre il videoclip), Enrico Ruggeri, Tiziano Ferro, Gianni Morandi, Franco Battiato, Massimo Ranieri, Francesco Renga, Max Pezzali, Elio e le Storie Tese, Zucchero, Gianluca Grignani, Eugenio Finardi, Samuele Bersani, Morgan, Negrita, Piero Pelù, Antonello Venditti, Mario Venuti, Ron, Albano, Cesare Cremonini, Nek, Claudio Baglioni, Sud Sound System, Roberto Vecchioni, Luca Carboni, Mango, Caparezza, Afterhours, Baustelle, Bluvertigo, Casino Royale, Niccolò Fabi, Frankie Hi-Nrg, Giuliano Palma. Fra le voci femminili, anche quelle di Gianna Nannini, Giusy Ferreri, Carmen Consoli, Giorgia, Laura Pausini, Antonella Ruggiero, Caterina Caselli, Malika Ayane, Dolcenera, Elisa.
Domani 21/4.09 sarà in vendita a partire dall'8 maggio negli store digitali e, dal 15 di maggio, il cd (con la versione integrale, strumentale e il videoclip diretto da Ambrogio lo Giudice) sarà nei negozi al prezzo di 5 euro.


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martedì 5 maggio 2009

La Cantina del Vinile: Chris Rea


Trenta milioni di dischi venduti nel mondo possono essere sufficienti per guadagnare una vetrina sul nostro blog. A questo punto dalle vostre scrivanie dovrebbe partire una standing ovation solitaria per Chris Rea. Nasce a Middlesbrough il 4 marzo 1951 (curiosamente stesso mese e giorno di Lucio Dalla) da padre italiano e madre irlandese, gestori di un chiosco di gelati. Dotato di una calda voce rauca e molto accomodante, gli è stato da sempre attribuito un blues molto artigianale che lui ama definire Blue Music che gli ha permesso di emergere nel trambusto dance e rock degli anni ottanta.
La sua carriera inizia negli anni '70 con un gruppo chiamato Magdalene ma l'esperienza dura fino al 1978 quando decide di provare la carriera di solista esordendo con Whatever Happened to Benny Santini? che conteneva la hit Fool (If You Think It's Over), brano candidato ai Grammy come canzone dell'anno. Ma il suo soft rock riscuote consensi solo in Germania e questo lo induce a meditare un abbandono.
Nel 1985 con l'album Shamrock Diaries, Chris viene notato anche in Inghilterra e si assiste a una sua nuova vita artistica. Brani come la sensuale Stainsby Girl, o la romantica e famosissima Josephine (video), canzone dedicata alla figlia, scalano in breve tempo le classifiche europee. E considerando che l'appetito vien mangiando, i successivi lavori hanno ancora un ottimo riscontro. On The Beach (1986) e la sua title track regalano un'atmosfera da "sorseggiare" come aperitivo al tramonto. New Light Through Old Windows (1988) e The Road to Hell (1989), che molti critici giudicano come il suo miglior album, consacrano Chris Rea.
Gli anni novanta proseguono con album interlocutori che non hanno un successo equivalente ai precedenti. Nel 2001 è sopravvissuto a una delicata operazione per un cancro al pancreas e nel lungo periodo di convalescenza ha prodotto l'album Stony Road. La sua forza d'animo gli ha permesso di riprendersi e di ricominciare a deliziare il pubblico internazionale con la sua musica sopraffina, nonostante i ripetuti annunci di un ritiro dalle scene.


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