sabato 25 aprile 2009

Il Grunge dei Pearl Jam


Dopo aver lasciato un po’ di spazio al gentil sesso, torniamo adesso ad occuparci del Rock, quello duro, dove l’uomo comunque occupa un posto predominante (spero non pensiate che io sia misogino, ma obiettivamente questa è la sacrosanta verità!).
Ed in particolare parliamo dell’uomo rude! Aggettivo molto azzeccato credo per identificare i componenti della band di cui sto per parlarvi, e più in generale di tutti gli interpreti di un movimento musicale, nato verso la fine degli anni ’80, nella città di Seattle (Nord-Ovest degli Stati Uniti): il Grunge.
Musicalmente ispirati dallo stesso Punk Rock e dall’Hard Rock, le band Grunge (letteralmente “Sporco”) avevano un look molto trasandato costituito di solito da jeans stracciati, camicia di flanella e capelli lunghi.
Il maggior successo commerciale, sicuramente fu rappresentato dai Nirvana, anche dopo la morte del leader Kurt Cobain. Ma insieme a loro (e forse più di loro) un altro gruppo fece la storia di questo fenomeno musicale: i Pearl Jam.
Sebbene i temi trattati nei testi ed il sound che caratterizzarono questa band furono perlopiù simili a quelli degli altri gruppi grunge, il valore aggiunto che li contraddistinse fu apportato sicuramente dal carisma del suo leader: Eddie Vedder.
Faceva ancora il benzinaio Vedder, quando Jeff Ament, Stone Gossard e Jack Irons in cerca di un cantante, lo contattarono proponendogli alcune loro canzoni. E ne rimasero impressionati quando videro i testi che lui aveva scritto proprio per quei pezzi.
Dopo poco il gruppo era formato. Era il 1990 quando i Pearl Jam iniziarono la loro avventura musicale. Avventura che ancora continua, nonostante nel frattempo ci sia stata qualche defezione.
Mentre risale al ’91 il loro primo album, “Ten”. Che non fu subito molto apprezzato, anzi esplose solo l’anno seguente, raggiungendo i primi posti delle classifiche americane.
Singoli come “Alive” e “Jeremy” ebbero un enorme successo fino a far diventare il disco che li conteneva uno dei più venduti della storia del Rock.
E di grande successo furono anche i due album seguenti “Vs.” e “Vitalogy”, entrambi numeri uno nelle classifiche.
L’inizio del “declino”(perlomeno commerciale) arrivò con il quarto album “No Code”, il quale segnando un certo cambiamento stilistico nella band, non accettato di buon grado da alcuni fan, raggiunse anch’esso il primo posto in classifica, ma non vendette quanto i precedenti album.
E la crisi nelle vendite continuò anche nelle seguenti produzioni, fino ad arrivare all’ultima che risale al 2002, “Riot Act”.
Disco quest’ultimo che segnò un ulteriore cambiamento sia nel sound, molto più folk, che nei testi, ispirati soprattutto da temi politici. Da ricordare in quest’album, comunque di ottima fattura nel suo complesso, lo splendido singolo “I am mine” (Video).
Come fecero i Clash, anche i Pearl Jam si contraddistinsero per il loro costante impegno sociale, sia con iniziative benefiche che attraverso l’impiego di prezzi non troppo alti per i biglietti dei loro concerti. E impegnandosi poi, soprattutto con l’ultimo album, in campo politico, scherandosi apertamente contro il presidente degli Stati Uniti George W. Bush e appoggiando nelle elezioni lo schieramento opposto.
Sono passati sette anni da “Riot Act” e ancora aspettiamo con ansia un nuovo lavoro dei Pearl Jam, rinfrancati però nel frattempo da vari album live e da escursioni soliste da parte di Eddie Vedder, soprattutto nel campo cinematografico, dove lo ritroviamo ad esempio nella colonna sonora (da lui scritta e cantata) del meraviglioso film di Sean Penn “Into The Wild”.
Non si tratta in questo caso, del sound tipico al quale ci aveva abituati, ma di canzoni molto più melodiche e strumentali che si adattano perfettamente all’atmosfera del film.
Musiche comunque di straordinaria bellezza, che ci fanno ancor più comprendere il valore artistico di questo interprete, che insieme alla sua band ha dato e darà ancora tanto alla musica rock mondiale.



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