mercoledì 29 aprile 2009

Umberto Tozzi: Non solo live


È di certo uno dei cantautori italiani più noti. Non c’è essere umano che non abbia mai ascoltato almeno uno dei suoi tanti successi: dalla celeberrima Gloria alla romantica Ti amo… Dalla “frenesia” di Stella Stai all’atmosfera sognante di Tu
Umberto Tozzi, nel corso degli anni, ha inanellato una serie di brani-tormentoni che sono entrati di diritto nella storia della discografia italiana.
Il cantautore di origine pugliese è un artista completo: voce inconfondibile, apprezzato chitarrista e autore dei propri brani. Egli ha dato alla luce canzoni che per musicalità e bellezza hanno sempre avuto un riscontro positivo nel pubblico, che da sempre lo ama e lo segue.
Tozzi è autore anche di uno dei brani più conosciuti e apprezzati della musica italiana di tutti i tempi: stiamo parlando di Si può dare di più, presentato al Festival di Sanremo nel 1987 ed interpretato insieme a Gianni Morandi ed Enrico Ruggeri. Canzone dalla musica fortemente orecchiabile, costituita da un testo importante, tanto da essere riproposta come slogan nelle innumerevoli manifestazioni benefiche organizzate nel corso degli anni.
Umberto Tozzi, nel corso della sua lunga carriera, ha alternato brani con contenuti semplicistici , a volte quasi banali, a canzoni dotate, invece, di testi importanti, considerevoli e pregevoli.
Sia in un caso che nell’altro, però, ciò che contraddistingue ogni composizione dell’artista è l’incredibile orecchiabilità delle musiche; melodie armoniose che piacciono, divertono e si trasformano molto spesso in veri e propri tormentoni (Gloria su tutte!).
Ciò che si apprezza di Tozzi è poi anche il fatto di essere una persona “discreta”. Egli non è vittima del “presenzialismo a tutti i costi”; non te lo ritrovi ogni giorno in tv, nei vari programmi televisivi, solo per il gusto di pubblicizzarsi o di non farsi dimenticare.
Le sue apparizioni in televisione sono anzi sempre più rare, nonostante egli continui, a quarant’anni dal debutto, a sfornare lavori con una certa periodicità.
E forse proprio questo saper “dosare” la propria immagine fa sì che il pubblico non si stanchi mai di lui, ed anzi risponda sempre in modo attento ed affettuoso verso i suoi lavori.
Il 2009 ci ha regalato Non solo live, il nuovo album con cui Umberto Tozzi torna sulle scene musicali. Questo lavoro contiene un doppio cd, che raccoglie le grandi hit dal vivo (Donna amante mia, Io camminerò, Gloria, Tu, ecc), una serie di cover e ben cinque inediti, a partire dalla “tozziana” Anche se tu non vuoi.
Il tutto a significare che Umberto Tozzi è un “sempreverde” della musica italiana; e che il talento, quando c’è, non viene mai oscurato, dimostrandosi più forte anche del tempo che, impietoso, trascorre e molto spesso stravolge ciò che incontra lungo il suo cammino.



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lunedì 27 aprile 2009

La Cantina del Vinile: Roy Orbison


La musica ha il dono innato di poter dare sempre "voce" a qualsiasi interprete in ogni momento della vita. Un personaggio molto sottovalutato dalla critica e riconsiderato successivamente può identificarsi in Roy Orbison. Per aiutarvi nel riconoscimento di questo artista è sufficiente dire che è l'interprete del brano Oh, Pretty Woman (1964) che ora, probabilmente, starete canticchiando nella vostra testa ripercorrendo le scene di Richard Gere e Julia Roberts. Ma interrompo il vostro trailer cinematografico psichico focalizzando l'obiettivo sulla carriera di questo grande cantautore dall'aspetto fisico molto simpatico e poco attraente (fattore discriminatorio nella musica).
Nato nel 1936 in Texas, trova nella chitarra la sua compagna di mille avventure. Riesce a ritagliarsi uno spazio nel rock degli anni sessanta subendo la popolarità di Elvis, il quale aveva una stima fortissima verso il "collega" Roy. Ma nonostante questo, incide successi come Only The Lonely, In Dreams e la stessa Oh Pretty Woman. Proprio in quel decennio, quando la sua carriera stava per decollare, una serie di tragedie familiari lo colpiscono. Nel 1966, Roy e sua moglie Claudette escono per una passeggiata in sella alle proprie moto. Ma Claudette ha un grave incidente e muore. Due anni dopo, perde due dei suoi tre figli, coinvolti in un incendio divampato nella sua abitazione. Comincia ad attraversare un periodo poco felice che si ripercuote anche sulla sua vita artistica. Gli anni settanta sono un lento declino. Si dedica alla musica country suonando nei locali di Las Vegas e cerca di riprendersi con degli album che hanno un discreto riscontro solo in Europa. Ma come accade spesso, una giustizia divina lo fece tornare alla ribalta negli anni ottanta. Bruce Springsteen, Tom Waits ed Elvis Costello, suoi grandi fans, gli tributano un concerto a Los Angeles nel 1987 e da questo evento nasce un cd A black and white night. Nello stesso tempo si assiste a una sua rinascita e a una nuova scoperta per chi non l'aveva conosciuto negli anni sessanta.Nel 1988 fonda il gruppo dei Traveling Wilburys insieme a Bob Dylan, Tom Petty, George Harrison e Jeff Lynne che celano al pubblico la propria identità dietro il nome della band. E nel 1989 registra il suo album di maggior successo Mistery Girl dove sono presenti collaborazioni con Tom Petty, George Harrison, Bono e The Edge. Ma il 6 dicembre del 1988 anche la sfortuna torna a ricordarsi di lui. Un infarto spegne la voce di uno dei pionieri del rock e lascia un velo di amarezza e rimpianti a chi ascolta il suo album uscito postumo nel 1989. Le vendite dell'album lo portano nuovamente sulla scena internazionale trascinato dalle hits You Got It (nel video) e She's a Mystery to Me (brano scritto con Bono) e questo non può che rendere onore a un grande della musica: Roy Orbison.


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sabato 25 aprile 2009

Il Grunge dei Pearl Jam


Dopo aver lasciato un po’ di spazio al gentil sesso, torniamo adesso ad occuparci del Rock, quello duro, dove l’uomo comunque occupa un posto predominante (spero non pensiate che io sia misogino, ma obiettivamente questa è la sacrosanta verità!).
Ed in particolare parliamo dell’uomo rude! Aggettivo molto azzeccato credo per identificare i componenti della band di cui sto per parlarvi, e più in generale di tutti gli interpreti di un movimento musicale, nato verso la fine degli anni ’80, nella città di Seattle (Nord-Ovest degli Stati Uniti): il Grunge.
Musicalmente ispirati dallo stesso Punk Rock e dall’Hard Rock, le band Grunge (letteralmente “Sporco”) avevano un look molto trasandato costituito di solito da jeans stracciati, camicia di flanella e capelli lunghi.
Il maggior successo commerciale, sicuramente fu rappresentato dai Nirvana, anche dopo la morte del leader Kurt Cobain. Ma insieme a loro (e forse più di loro) un altro gruppo fece la storia di questo fenomeno musicale: i Pearl Jam.
Sebbene i temi trattati nei testi ed il sound che caratterizzarono questa band furono perlopiù simili a quelli degli altri gruppi grunge, il valore aggiunto che li contraddistinse fu apportato sicuramente dal carisma del suo leader: Eddie Vedder.
Faceva ancora il benzinaio Vedder, quando Jeff Ament, Stone Gossard e Jack Irons in cerca di un cantante, lo contattarono proponendogli alcune loro canzoni. E ne rimasero impressionati quando videro i testi che lui aveva scritto proprio per quei pezzi.
Dopo poco il gruppo era formato. Era il 1990 quando i Pearl Jam iniziarono la loro avventura musicale. Avventura che ancora continua, nonostante nel frattempo ci sia stata qualche defezione.
Mentre risale al ’91 il loro primo album, “Ten”. Che non fu subito molto apprezzato, anzi esplose solo l’anno seguente, raggiungendo i primi posti delle classifiche americane.
Singoli come “Alive” e “Jeremy” ebbero un enorme successo fino a far diventare il disco che li conteneva uno dei più venduti della storia del Rock.
E di grande successo furono anche i due album seguenti “Vs.” e “Vitalogy”, entrambi numeri uno nelle classifiche.
L’inizio del “declino”(perlomeno commerciale) arrivò con il quarto album “No Code”, il quale segnando un certo cambiamento stilistico nella band, non accettato di buon grado da alcuni fan, raggiunse anch’esso il primo posto in classifica, ma non vendette quanto i precedenti album.
E la crisi nelle vendite continuò anche nelle seguenti produzioni, fino ad arrivare all’ultima che risale al 2002, “Riot Act”.
Disco quest’ultimo che segnò un ulteriore cambiamento sia nel sound, molto più folk, che nei testi, ispirati soprattutto da temi politici. Da ricordare in quest’album, comunque di ottima fattura nel suo complesso, lo splendido singolo “I am mine” (Video).
Come fecero i Clash, anche i Pearl Jam si contraddistinsero per il loro costante impegno sociale, sia con iniziative benefiche che attraverso l’impiego di prezzi non troppo alti per i biglietti dei loro concerti. E impegnandosi poi, soprattutto con l’ultimo album, in campo politico, scherandosi apertamente contro il presidente degli Stati Uniti George W. Bush e appoggiando nelle elezioni lo schieramento opposto.
Sono passati sette anni da “Riot Act” e ancora aspettiamo con ansia un nuovo lavoro dei Pearl Jam, rinfrancati però nel frattempo da vari album live e da escursioni soliste da parte di Eddie Vedder, soprattutto nel campo cinematografico, dove lo ritroviamo ad esempio nella colonna sonora (da lui scritta e cantata) del meraviglioso film di Sean Penn “Into The Wild”.
Non si tratta in questo caso, del sound tipico al quale ci aveva abituati, ma di canzoni molto più melodiche e strumentali che si adattano perfettamente all’atmosfera del film.
Musiche comunque di straordinaria bellezza, che ci fanno ancor più comprendere il valore artistico di questo interprete, che insieme alla sua band ha dato e darà ancora tanto alla musica rock mondiale.



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giovedì 23 aprile 2009

Il mondo surreale di Malika Ayane


Per parlare di questa giovane artista trovo che non ci siano parole più azzeccate di quelle che per lei ha speso un maestro della musica italiana, Paolo Conte.
Il quale, appunto, riferendosi a Malika Ayane, ha dichiarato: “Nel suo stile modernissimo ed insieme arcaico insinua una linfa moresca che ne inquieta nascostamente le movenze. Il colore di questa voce è un arancione scuro, che sa di spezia amara e rara”. Dinanzi a tal espressione, chiniamo il capo e… Chapeau!
Penso che le immagini così seducenti e incantevoli che Paolo Conte ha elaborato per questa giovane artista siano il commento più veritiero e poetico che le si possa dedicare.
Personalmente, sono rimasto colpito sin dalla prima sera in cui ha debuttato al Festival di Sanremo 2009. Ricordo chiaramente che l’ora era tarda… Ma quella ragazza che scendeva le scale muovendosi in modo così “artistico”, indossando un costume anni ’70 e guadagnando circa 15 cm in altezza grazie a quel paio di scarpe così esagerate, (ma che allo stesso tempo erano il puzzle mancante di una figura bizzarra e originale: la sua appunto!), non passò di certo inosservata.
Si presenta con la canzone "Come Foglie". Leggo l’autore: Giuliano Sangiorgi… La musica comincia… E sin dalle prime note qualcosa mi dice che il brano sarebbe stato di mio gradimento. Ma quella sonorità così piacevole si impreziosisce, dopo qualche secondo, di un quid aggiuntivo: quel timbro di voce che, proprio come la metafora utilizzata da Paolo Conte, innalza la mente, accompagnandola a gustare sapori forti, intensi…
Non nego minimamente di aver sperato fortemente che questa giovane artista vincesse la manifestazione (aggiudicata invece da un alieno buffo e surreale comparso sul palco dell’Ariston, cantando una filastrocca al quanto imbarazzante…). Ma di questo non ci si meraviglia più, visto che di orrori, nella storia del Festival, ne sono stati commessi a iosa!
La rivincita però, come prevedibile, non ha tardato ad arrivare. Oggi Malika Ayane è richiestissima nei programmi televisivi, e la sua canzone è presente nelle playlist di ogni canale radiofonico.
La sua interpretazione di “Come foglie” incanta e allieta per tutta la durata del brano… Malika Ayane non si limita a cantare, ma è come se fosse assorbita da un mondo parallelo in cui esistono solo lei e il microfono… Tutto il resto sembra scomparire, dissolversi.
Durante l’esibizione, le sue braccia compiono movimenti ondulatori, buffi ma eccentrici (tanto da esserle costata un’esilarante imitazione nel programma “Mai dire…”), che però si sposano perfettamente con quella voce da brivido, fino a fondersi in un turbinio di magnetiche suggestioni.
Da notare che, già prima del Festival, Malika è stata protagonista anche dell’estate 2008, cantando il tormentone “Feeling Better”, brano aromonioso e divertente che ha spadroneggiato nelle radio, per tutta l’estate scorsa, appunto.
Ultimo dato non da poco: il nuovo lavoro della giovane artista, intitolato proprio “Malika Ayane”, è un prodotto qualitativamente elevato, al quale hanno deciso di collaborare diversi autori, tra cui Pacifico (autore dei brani “Sospesa” e “Controvento”), Giuliano Sangiorgi (“Perfetta” e “Come foglie”), nonché il maestro Paolo Conte, che ha scritto per lei “Fandango”. Il disco inoltre si avvale anche dei contributi artistici di alcuni importanti nomi dell’ambiente musicale internazionale: Tom Elmhirst, Tony Cousins, per citarne alcuni.
Credo dunque che sia un peccato privarsi della buona musica che Malika è in grado di offrirci. Del resto, dinanzi ad una grande voce, ad un’intensa interpretazione e a raffinati autori, non si può far altro che chiudere le porte al caos esterno e “perdersi” in un bagno d’emozione…
Un piccolo suggerimento a Malika e alla sua casa discografica: riproporre il brano “Come foglie” in una nuova versione, in cui partecipi anche l’autore della stessa, Giuliano Sangiorgi. Siamo convinti che il connubio tra le voci, così caratteristiche e pregevoli, dei due artisti farà acquisire alla canzone (già stupenda di suo) maggiore spessore e qualità.
Grazie!


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martedì 21 aprile 2009

La Cantina del Vinile: Carly Simon


Era doveroso dare spazio a una donna. E per non innalzare un coro di proteste del sesso maschile ci siamo subito prodigati per sopperire a questa mancanza inopportuna. Questa volta ci occupiamo di una pop star che ha fatto la storia della musica internazionale e il cui nome è presente nella Hall of Fame. Carly Simon, vi dice nulla? Se avete difficoltà, cercheremo di venire incontro al vostro orecchio musicale che non farà fatica a rammentare la sua musica e anche la sua classe. Donna splendida, elegante, carattere forte, cantautrice di spessore internazionale fu protagonista del gossip internazionale negli anni '70 e '80. Carly Simon nacque nel 1945 a New York, iniziò la sua carriera artistica in coppia con la sorella Lucy, formando le Simon Sisters. Ebbero un discreto successo fino a quando Carly, nel 1971, non decise di dare vita a una carriera da solista. La sua musica fu apprezzata fin da subito tanto da guadagnarsi i consensi del pubblico già con il suo album d'esordio That's the Way I've Always Heard That Should Be e un Grammy come rivelazione dell'anno con l'album Anticipation. Ma il 1972 fu l'anno che la consacrò a livello internazionale musicalmente e non solo. Produsse l'album No Secrets contenente il suo successo storico You're so Vain (nel video in basso), brano che ancora oggi riecheggia nelle nostre case e in moltissimi spot e che secondo i pettegolezzi dell'epoca "denunciava" la vanità di Mick Jagger dei Rolling Stones con cui aveva avuto una relazione, secondo altre fonti, di Warren Beatty o Cat Stevens. Questo fa pensare a quanto era ambita questa bellissima donna e soprattutto quanti grattacapi creava ai paparazzi. Nello stesso anno sposò il grande cantautore James Taylor con cui ebbe due figli. Negli anni successivi, Carly continuò ad avere grande riscontro tra il pubblico alternando album di grande successo ad altri meno felici. Agli inizi degli anni '80 attraversò un periodo di declino artistico che fu influenzato anche dalla separazione dal marito James e dalla malattia del figlio Ben. Ma da questo periodo seppe riprendersi; nel giro di pochi anni riuscì a fare incetta di nomination e vittorie ai Grammy Awards aiutata anche dalla presenza delle sue canzoni nelle colonne sonore di molti film. Già nel 1977 c'era stato questo connubio musica-cinema con Nobody Does it Better, colonna sonora di James Bond Agente 007 la spia che mi amava. Nel 1986, invece, la famosissima Coming Around Again canzone romantica che spopolò tra le coppiette nelle Fiat Uno e nei cinema con il film Affari di Cuore. E nel 1988, oltre al Grammy, arrivò anche un Oscar per la migliore canzone nel film Una donna in carriera, con il brano Let the River Run. Carly Simon per concludere il suo iter musicale, da qualche anno compone canzoni per bambini regalando anche a loro la meraviglia e la favola che trasmette la sua voce incantevole.

lunedì 20 aprile 2009

La rivoluzione Punk Rock: The Clash


Lustrini, pailettes, trucco, teatralità…ricordate? Parlavamo di questo, riferendoci al Glam Rock, qualche giorno fa.
Ebbene, scordatevi tutto!! Ora si parla di Punk!
Proprio intorno al ’75-’76 (prendendo comunque spunto da sonorità sviluppatesi già dalla fine degli anni ‘60), mentre il Glam ormai era in declino, nacque, quasi a fare da antagonista a questo genere, il fenomeno Punk Rock.
All’ estrema spettacolarità e agli arrangiamenti baroccheggianti del primo infatti, si contrapposero “abiti di scena” minimalisti (t-shirt tagliate, pantaloni in pelle) e musica di forte impatto, ma caratterizzata da suoni e accordi molto scarni.
Sviluppatosi prima negli Stati Uniti, con i Ramones, primo gruppo Punk che la storia riconosca, ebbe però maggior successo nel Regno Unito, dove si contraddistinse soprattutto per i testi perlopiù politicizzati.
Qui a rompere il ghiaccio furono i Sex Pistols, che pur riscuotendo molto successo, pubblicarono solo tre album e quattro singoli, tra i quali “Anarchy in the U.K. ” e una versione oltraggiosa dell’inno nazionale inglese “God Save The Queen”.
Ma il gruppo che a detta di molti, rappresentò il Punk nel modo migliore e più alto, fu sicuramente quello dei Clash.
Joe Strummer (voce e chitarra), Mick Jones (voce e chitarra solista), Paul Simonon (voce e basso), Topper Headon (batteria), principali componenti e fondatori della band formatasi nel 1976, come i Pistols facevano della politica il tema principale su cui basare i loro testi.
Ma mentre i primi avevano una visione molto più pessimista, anarchica, rivolta ad annullare il sistema, i Clash invece si esprimevano con dei toni molto più propositivi e con idee rivoluzionarie, di sinistra.
Idee che si riscontrano già nel loro primo album omonimo, ma che emergono soprattutto nei successivi “London Calling” (dirompente il successo della title track), “Sandinista!” e “Combat Rock”, quest’ultimo contenente hits come “Rock the Casbah” e “Should I Stay Or Should I Go”.
E ammirevole fu poi il fatto che, queste ideologie, oltre ad essere espresse nella loro musica, costituivano anche la loro filosofia di vita.
Prova ne fu ad esempio il fatto che anche all’apice del loro successo, sia i loro dischi che i biglietti dei concerti, avevano sempre un prezzo molto ragionevole e infatti, in questo modo, nessun membro della band guadagnò mai cifre esorbitanti.
Ma tutto ciò non servì a scongiurare tensioni e problemi di vario genere all’interno della formazione, che dopo vari abbandoni e sostituzioni, si sciolse definitivamente nel 1986.
Ne seguirono poi varie voci per una eventuale reunion, mai confermate. Voci che comunque non cessarono, fino purtroppo al 2002, anno in cui Joe Strummer morì stroncato da un infarto, all’età di cinquant’anni.
Non morirà mai invece la sua musica, la musica dei Clash, che dopo aver rivoluzionato il rock e influenzato lo stile di molte band moderne, ancora oggi ci regala ad ogni ascolto emozioni uniche.



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sabato 18 aprile 2009

Concerto Primo Maggio

Il concerto del primo maggio compie vent’anni e decide di farsi un regalone!
E in campo musicale non può esserci regalo più grande del ritorno, dopo dieci anni, del rocker italiano Vasco Rossi sul palco di Piazza San Giovanni.
Il Blasco nazionale, infatti, impreziosirà la manifestazione dedicata ai lavoratori, esibendosi per 40/45 minuti. La sua presenza assume poi ancor più valore, se si considera che quella del primo maggio sarà l’unica apparizione dell’artista in questa primavera.
Vasco lancia anche il tema artistico di questa edizione del concerto, intitolato “Il mondo che vorrei” (sinonimo di speranza e fiducia, in un contesto pessimista e lugubre come quello odierno), che è anche il nome della raccolta fondi che è stata istituita per assegnare borse di studio in favore degli orfani delle vittime sul lavoro. Da sottolineare il gesto dell’artista romagnolo, il quale ha donato 100.000 euro per la causa, nell’intento anche di sollecitare una maggiore attenzione nei confronti di questo problema, molto spesso sottovalutato.
A fare gli onori di casa in questa ventesima edizione sarà un grande attore come Sergio Castellitto, il quale accompagnerà sul palco una miriade di artisti.
Ed infatti, se Vasco Rossi rappresenta senza dubbio la ciliegina, bisogna però tener conto che anche la torta non è niente male! Si alterneranno sul palco, tra gli altri: il rapper Caparezza, i leggendari Nomadi; ed ancora Edoardo Bennato, Motel Connection, Asian Dub Foundation. Passando per un singolare gruppo, composto dai rappresentanti di alcune band italiane, tra cui Manuel Agnelli degli Afterhours, Gianni Maroccolo e Cristiano Godano dei Marlene Kuntz… Commistione che risulterà di certo azzeccata e vincente.
Le premesse ci sono tutte dunque, per dar vita ad uno spettacolo che, siamo sicuri, richiamerà gli amanti della buona musica, sia in Piazza san Giovanni a Roma, che alla tv, con la consueta diretta su Rai Tre. (ore 15:15 – 24).
Che lo show abbia inizio!


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venerdì 17 aprile 2009

La Cantina del Vinile: Peter Frampton


Quante volte le teenagers hanno staccato il poster del loro cantante preferito dalla rivista musicale o dal magazine che sfogliavano?? Le rappresentanti del gentil sesso a questa domanda negheranno l'evidenza. Questa idolatria cartacea non derivava solo dalle qualità artistiche del personaggio ma anche dal suo aspetto esteriore. Alla metà degli anni settanta, un cantante polistrumentista britannico abbinava queste due peculiarità raccogliendo consensi non solo tra le ragazzine ma anche tra i critici musicali grazie al suo rock leggero e talentuoso. Stiamo parlando di Peter Frampton, cantante che ha lasciato un segno indelebile nella musica rock degli anni ’70 e che come tutti i grandi artisti ha avuto una vita molto travagliata. Bancarotta, problemi di droga e un grave incidente stradale hanno segnato la sua vita senza però interferire nella sua straordinaria discografia.
Le sue prime performance giungono con i The Herd e poi con gli Humble Pie, band che si fanno apprezzare per il loro hard rock. Dopo queste esperienze, nel 1971 il poliedrico Peter decide di intraprendere la carriera di solista che lo porterà a diventare uno dei maggiori punti di riferimento per gli amanti della musica pop rock dell’epoca. Introduce un nuovo apparecchio musicale, il talk box, strumento che permette di cambiare il suono della chitarra con il movimento della propria bocca. Incide tre album in successione che gli consentono di farsi conoscere e soprattutto, di preparare il terreno a ciò che stava per giungere. Un colpo di genio si abbattè nel 1976 nel panorama musicale internazionale: Frampton comes alive!, album registrato in un concerto a San Francisco, che conquistò 6 dischi di platino tanto da essere, ancora oggi, il quarto album live più venduto nella storia. Brani come Show me the way e Do You Feel Like We Do, lasciano una sensazione di benessere e allegria all’ascolto, ricalcando i suoni del rock, arricchito di virtuosismi di pregevole fattura. Ancora oggi, i suoi concerti lasciano a bocca aperta annoverando tra i suoi fans, vecchi nostalgici e giovani scopritori della sua musica. Ma un brano che "sgomita" tra i suoi successi, facendo irruzione tra le diverse generazioni, è la sempreverde Baby, I love your way, brano che non si può descrivere ma si può solo ascoltare lasciandosi trasportare dalle emozioni che la voce di Peter Frampton regala. A voi la conferma!

mercoledì 15 aprile 2009

Il Glam Rock

La Teatralità e l'Eccesso della Musica

Quello degli anni ’70 è stato senza dubbio il decennio più importante, il più prolifico per la musica Rock mondiale.
Sebbene infatti, si aprì con la fine del gruppo che ne aveva costituito le fondamenta e ne era il simbolo indiscusso (i Beatles infatti si sciolsero proprio nel 1970), fu poi un continuo susseguirsi di sottogeneri, di nuovi sound e stili che si crearono in questi dieci anni e che avrebbero influenzato tutta la musica degli anni seguenti, fino ai giorni nostri.
E proprio agli inizi di questo decennio nacque questo nuovo fenomeno chiamato Glam Rock.
Si sviluppò soprattutto nel Regno Unito (poco negli Stati Uniti che non ne apprezzavano a fondo lo stile) e a darne il nome fu proprio la parola a cui si ispirava, il Glamour.
Fantasiosi ed eccessivi costumi di scena, lustrini, piume, paillettes, trucco pesantissimo ed una spiccata ambiguità sessuale, questo, almeno esteticamente, caratterizzava il Glam.
E la musica? -Vi chiederete-. Beh, la musica rispettava esattamente quello che era il profilo estetico: un Rock, a volte anche duro, talvolta eccessivo negli arrangiamenti ma capace di regalare anche delle splendide ballate con dei testi sbarazzini, incentrati su temi perlopiù adolescenziali, sul divertimento, sulla fama ma anche sull’amore e sul sesso.
Fondatore, capostipite di questo “movimento” musicale fu un certo Marc Bolan, ex modello, cantante e chitarrista dei T-Rex. Fu lui il primo a ricercare una certa teatralità nel cantare, nel rappresentare le sue canzoni. Album come “Electric Warrior” del ’71, ma soprattutto “The Slider” nel ’72 segnarono il debutto del Glam. E fu subito un successo colossale, paragonabile in Inghilterra solo a quello dei Beatles. Canzoni stupende come “Metal Guru”, “Children of The Revolution”, “Cosmic Dancer” fecero esplodere veri e propri episodi di isteria tra i fan e soprattutto le fan di Bolan, che lo adoravano, forse anche perché si rivedevano un po’ in lui, nel suo modo di fare, nel suo modo di vestirsi.
E le classifiche dell’epoca traboccavano di Glam!
Un altro esponente, quasi co-fondatore del genere, fu David Bowie. Proprio lui, il Duca Bianco, che nel ’72 pubblicò l’album “The Rise and Fall of Ziggy Stardust and The Spiders from Mars” e contemporaneamente diventò lui stesso Ziggy Stardust, improbabile personaggio, dai capelli rossi e dai costumi coloratissimi, sessualmente molto ambiguo, icona ed essenza del Glam stesso (nel video con "Starman").
Rappresentava, insieme ai Roxy Music di Bryan Ferry e Brian Eno, un’altra faccia di questo genere musicale, con un suono più ricercato e dei testi molto più ambiziosi.
Altre band e cantanti furono comunque in egual misura grandi interpreti del fenomeno: Velvet Underground, Slade, Sweet, Mott The Hoople (prodotti dallo stesso Bowie in “All the Young Dudes”), Elton John. E gli americani New York Dolls, Alice Cooper, Kiss e Iggy Pop.
Fino ad arrivare agli stessi Queen, almeno nella fase iniziale della loro carriera, che coincise con la fase discendente del Glam, del quale comunque furono esponenti di rilievo. Come dimenticare infatti, un giovanissimo Freddie Mercury in calzamaglia e paillettes, interpretare pezzi di straordinaria bellezza come “Bohemian Rhapsody”,”We Are The Champions” e “Somebody To Love”?(Per citarne solo alcuni di una immensa produzione).
Con i Queen ed il loro essere eccessivi e teatrali sia nelle musiche e negli arrangiamenti, fin troppo elaborati, che nelle esibizioni live, forse si giunse al culmine del Glam.
E con loro, intorno al ’76-’77 ebbe fine questo fenomeno, almeno come lo era stato concepito inizialmente.
La maggior parte di questi gruppi infatti si reinventarono cambiando stile, avendo ormai il Glam Rock, dato al mondo della musica tutto quello che poteva dare. Lasciandoci però in eredità uno straordinario pezzo di storia della musica che oltre ad influenzare in seguito, numerosi cantanti (come Def Leppard, Pulp, Suede, Darkness, Mika, Scissor Sisters, e purtroppo anche i Tokyo Hotel), continua ancora ad emozionarci ad ogni ascolto, facendoci rivivere quegli anni rivoluzionari, che furono gli anni ’70.



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venerdì 10 aprile 2009

Renato Zero risponde "Presente"


Diciamo la verità: tutti quanti noi, amanti della buona musica, un po’ “sorcini” in fondo lo siamo… Chi più, chi meno, ma lo siamo un po’ tutti!
E non c’è poi tanto da meravigliarsi, visto che si parla di Renato Zero, un grandissimo della musica italiana. Ed infatti, il cantautore romano, nell’olimpo dei mostri sacri, vi è sempre stato. Sin dagli esordi, quando rappresentava quel “qualcosa di ambiguo e di diverso” che allo stesso tempo stupiva ed affascinava.
Da allora tante cose sono cambiate. Il viso truccato e gli abiti alquanto bislacchi hanno lasciato il posto ad un vestiario più canonico e più sobrio.
Ma un aspetto è rimasto invariato: l’essere un leader.
Renato Zero è uno di quegli artisti a tutto tondo; uno di quelli che non passa mai inosservato e che ha sempre qualcosa da dire… E che è capace di dirlo bene, nel modo giusto, efficace.
I temi trattati nelle sue canzoni non sono mai banali, mai scontati, ma al contrario sempre attuali e coinvolgenti.
E poi Renato Zero può vantare una capacità interpretativa eguale a pochi altri suoi colleghi. Lui non canta… Lui recita!
E proprio quel suo modo di muoversi, di interpretare, e quelle sue moine facciali sono lo strumento con cui riesce ad imprimere spessore e qualità ad ogni sua esibizione. Ed è questo che lo fa amare e addirittura venerare dai suoi tanti, tantissimi fans.
Fans che oggi possono tornare ad emozionarsi, perché il loro beniamino è tornato sulla scena musicale con “Presente”, suo ultimo lavoro, comprendente 17 inediti.
Da segnalare anche il fatto che per la prima volta Renato Zero è senza casa discografica. Dopo aver rescisso il contratto con Sony-Bmg, ha deciso di fare tutto da solo; e questa sua operazione è senza dubbio ardita e rischiosa (soprattutto per quanto riguarda l’opera di promozione e distribuzione!). Vedremo se Il Re dei sorcini riuscirà nella sua ennesima sfida.
Di una cosa siamo certi: i suoi seguaci non gli volteranno certo le spalle e saranno pronti a seguirlo numerosi nei vari concerti in cui il Renato nazionale promette scintille!



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mercoledì 8 aprile 2009

La Cantina del Vinile: Cliff Richard


Nella nostra cantina abbiamo recuperato un “cavaliere” che cavalca la scena internazionale da più di 50 anni.Non stiamo parlando di un fantino ma di un baronetto, Sir Cliff Richard, pseudonimo di Harry Rodger Webb, cantautore britannico nato in India nel 1940 e insignito del titolo onorifico nel 1995 dalla Regina Elisabetta. Sua Maestà avrà avuto ragioni più che valide per scomodarsi così tanto.
Collocare Cliff Richard in un preciso genere musicale è più arduo che far giocare insieme Rivera e Mazzola. La sua carriera è stata influenzata da episodi che lo hanno modificato artisticamente e interiormente.
Con la sua band, gli Shadows, dominò la scena tra la fine degli anni cinquanta e inizio anni sessanta subendo il ciclone Elvis che lo portò a scalare la vetta delle classifiche con il brano rock Move It . Ma l’avvento dei Beatles e la sua conversione al cristianesimo, provocò un’ involuzione nei suoi lavori musicali. Infatti, per due anni salì sul podio dell’Eurofestival, competizione canora molto simile alla Coppa delle Coppe, in cui partecipava un cantante per ogni nazione (Toto Cutugno ne sa qualcosa). Nonostante tutto, le vendite continuavano a premiare il buon Cliff.
Fortunatamente, nel 1975 decise di intraprendere un ennesimo percorso musicale che lo portò a realizzare brani pop-rock come Devil Woman, Dreamin’ e soprattutto We Don’t Talk Anymore (1979), ballata romantica caratterizzata da sonorità dance che divenne hit in Europa e negli Stati Uniti. Come se non bastasse, dal pop passò a dei brani molto più mielosi, mutamento che non placò l’affetto dei suoi fedelissimi fans che ancora oggi lo venerano come una vera e propria star. Ma a noi piace ricordare Cliff Richard mentre canta il suo successo ripetendo: "è così divertente il modo in cui non ci parliamo più, ma non sto perdendo il sonno nè contando le pecore…"

martedì 7 aprile 2009

Pink Floyd...Wish You Were Here


Nell’Olimpo dei grandi della musica Rock, loro occupano uno posto molto alto. Il loro nome è sinonimo di grandezza, di maestosità. La loro Musica può essere accostata ad un dipinto di Van Gogh o di Caravaggio. E’ Arte allo stato puro.
I Pink Floyd si formarono alla fine degli anni ’60, dall’unione di Syd Barrett (chitarra e voce), Roger Waters (basso e voce), Nick Mason (batteria) e Richard Wright (tastiere). Dal ’67 a sostituire Syd Barrett, che ormai a causa di problemi psichici causati dal massiccio uso di droghe (in particolar modo LSD), non era più in grado di comporre e affrontare concerti, venne chiamato David Gilmour (chitarra e voce); e questo nuovo ingresso portò anche un cambiamento nel sound della band.
Furono tra i massimi esponenti del Rock psichedelico e del progressive. Grandissimi sperimentatori, tra i primi a portare l’elettronica nei loro album. Famosi anche per i grandi impianti scenici e di luce, con i quali trasformarono i loro concerti in spettacoli d’arte visiva oltre che di musica.
Molteplici e grandi furono gli album prodotti dai Pink Floyd. Tra questi: ”Ummagumma”, “The Dark Side Of The Moon”, sicuramente l’album di maggior successo, e “The Wall”.
Ma vorrei soffermarmi oggi su “Wish You Were Here”.
Uscito nel ’75, subito dopo “The Dark Side Of The Moon”, ne bissò il successo, sia di critica che di pubblico, raggiungendo la vetta delle classifiche di tutto il mondo.
Molto complesso, ma formato solo da quattro canzoni. La prima, sontuosa, “Shine On You Crazy Diamond”, oltre venti minuti di durata, inizialmente composta da nove parti, poi raggruppata in due che fanno da prologo ed epilogo, e racchiudono gli altri brani del disco. Quindi, nel mezzo, “Welcome To The Machine”,”Have a Cigar”,cantata da un ospite, Roy Harper; e infine la title track, “Wish You Were Here”, bellissima ballata acustica, forse una delle canzoni più conosciute e più apprezzate del gruppo.
Concept Album soprattutto strumentale, incentrato sul tema dell’assenza, sia in senso assoluto che in particolare, di Syd Barrett, allontanato dal gruppo qualche anno prima e al quale l’album venne dedicato. E’ lui infatti il pazzo diamante, il “crazy diamond”, corrotto dal music business in “Welcome To The Machine” e “Have a Cigar” e infine ricordato e desiderato nella title track.
E la storia vuole che durante le registrazioni di questo album, proprio lui apparve in studio (forse evocato dalle parole dedicategli) e ormai calvo, ingrassato e trasandato, non venne riconosciuto subito dal resto della band. Quando gli domandarono come mai fosse in quello stato, rispose ripetendo di continuo: "Ho acquistato un grande frigorifero in cucina, e sto mangiando molta carne di maiale ultimamente”. E così come era apparso, dopo qualche tempo, misteriosamente, sparì di nuovo.
Un album davvero esaltante, che definirei molto profondo, dall’atmosfera onirica e sognante, che va ascoltato oltre che nel testo, anche con grande attenzione nella musica…E nell’assoluta tranquillità nella quale sarete avvolti, capirete infine quanto immensi e inarrivabili siano stati i Pink Floyd.



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domenica 5 aprile 2009

Recensione: Antonello Venditti


VENDITTI E LE SUE DONNE

Le ha amate e corteggiate, osannate e inneggiate… Ne ha fatte innamorare migliaia… Ora dedica loro un’intera raccolta di suoi brani, intitolata “Le Donne”, appunto.
Antonello Venditti (inconfondibile voce, contraddistinta da quel “vibrato” che tocca l’anima, carezzandola dolcemente) raccoglie in un doppio cd alcune pietre miliari della sua lunga e prolifica carriera; trentatré brani in cui il cantautore romano rivolge il suo sguardo e il suo pensiero alle donne, muse evidenti e inequivocabili di gran parte del suo repertorio, omaggiate abbondantemente nei vari titoli nonché nei testi delle sue canzoni.
Alzi la mano chi non ha mai ascoltato e canticchiato le mitiche “Sara”, “Giulia”, “Lilly” ed ancora "Il compleanno di Cristina" (video), “Marina”, “Claudia", ecc ecc...
Come è ovvio, però, le donne conducono, per proiezione logica e naturale, all’amore … E quindi cantare le donne significa cantare l’amore…. E trattare l’amore è per Venditti come compiere un semplice respiro, fare una passeggiata al parco, accennare un sorriso.
L’amore non può più avere segreti per lui, che è riuscito a raccontarlo, innalzarlo, sviscerarlo e analizzarlo in ogni modo possibile, oramai, e in ogni sua sfumatura.
Un inno completo al sublime sentimento, dunque, si racchiude in quest’ultima opera del cantautore che, a due anni di distanza dall’ultimo cd di inediti, “Dalla pelle al cuore” (successo universale di musica e critica!), impreziosisce la sua invidiabile discografia con questa nuova raccolta.
Da sottolineare poi che questo nuovo lavoro strizza l’occhio anche ai cultori di Venditti!
Ebbene si! Accanto agli enormi e indiscussi successi già citati, infatti, l’album regala ai fan più fedeli e attenti alcuni brani nella versione originale che , pur facendo parte del repertorio del cantante, non sono quasi mai stati inseriti nelle scalette dei concerti o in altre raccolte. Parliamo di: “Sora Rosa” (prima canzone dell’artista), “Una stupida e lurida storia d’amore” ed ancora “Settembre” e “Le cose della vita”, (brani in cui Antonello si fa accompagnare dalla grande orchestra sinfonica di Sofia, diretta dal maestro Renato Serio).
E’ un lavoro completo e “gustoso” dunque, quello che Venditti offre al suo affezionato pubblico.
Ma è anche un’occasione per tutti quei giovanissimi, deviati dalle pseudo-canzoni che la realtà odierna (purtroppo!!) propone, di scoprire il significato e il valore della vera musica.


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venerdì 3 aprile 2009

La Ballata di...Rino


Dal 20 marzo trovate in vendita il doppio Cd antologico di Rino Gaetano, Live & Rarities, che raccoglie sette inediti e gli indimenticabili successi registrati in un concerto live a San Cassiano, in provincia di Lecce, nel luglio 1977. Troviamo anche le collaborazioni con Anna Oxa, Riccardo Cocciante e New Perigeo. Tra gli inediti oltre a Donde Està el Grano, spicca il brano La Ballata di Renzo. Ed è proprio di questa canzone che vi vogliamo parlare.
Rino attraverso questo “allegro” brano inciso nel 1970 e caratterizzato dalla classica ironia sarcastica e vivace che lo contraddistingue, denuncia la malasanità italiana parlando della morte di Renzo, ferito gravemente in un incidente stradale e rifiutato da tre ospedali della capitale (San Camillo, San Giovanni e Policlinico).
Dopo undici anni il testo di questa canzone si rivelò profetico. Rino morì il 2 giugno del 1981 in un incidente stradale. Il tragico destino volle che il cantautore mentre versava in gravi condizioni, allo stesso modo di Renzo venne rifiutato da ben cinque ospedali, tre dei quali erano gli stessi menzionati nel brano.
Una casualità che lascia esterrefatti e che non cancella i punti interrogativi sulla sua morte.
Ma Rino aveva previsto qualcosa anche per noi. La citazione che segue lo dimostra.
« C'è qualcuno che vuole mettermi il bavaglio! Io non li temo! Non ci riusciranno! Sento che, in futuro, le mie canzoni saranno cantate dalle prossime generazioni! Che, grazie alla comunicazione di massa, capiranno cosa voglio dire questa sera! Capiranno e apriranno gli occhi, anziché averli pieni di sale! »


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giovedì 2 aprile 2009

Franco Battiato

"Fleurs" di primavera

Il binomio Musica-Beneficenza, si sa, risulta in ogni sua forma sempre ammirevole e vincente. Specie se protagonista dell’evento in questione è un mostro sacro della musica italiana, Franco Battiato. Il 4 aprile, alle 21, il Politeama Greco di Lecce diventa dunque scenario di una serata che si preannuncia spettacolare. Il cantautore siciliano presenterà infatti il suo nuovo lavoro, “Fleurs 2”, e il ricavato del concerto sarà devoluto in favore del Fai (Fondo ambiente italiano) nella sua opera di sensibilizzazione dei cittadini nel sostegno dell’arte, della natura e dell’ambiente italiani.
La serata del 4 aprile farà parte della tournèe 2009 di Battiato, il quale porterà nei più importanti teatri italiani i nuovi brani contenuti nella raccolta “Fleurs 2”, appunto. Lavoro che racchiude una serie di famose canzoni portate al successo da grandi cantanti italiani ed internazionali, rivisitati e reinterpretati in modo suggestivo dalla bravura del maestro Franco Battiato. Artista eclettico capace, come già ampiamente dimostrato in altre occasioni, di donare nuova luce, spessore e nuovi arrangiamenti a brani resi celebri dai suoi colleghi ed amici autori in tempi passati.
Numerose ed intense dunque le canzoni che Battiato eseguirà durante questo tour: da “Il venait d’avoir 18 ans” a “L’addio”, da “Era d’estate” a “Et maintenant”, passando per “E più ti amo”, fino al suggestivo inedito dello stesso Battiato “Tutto l’universo obbedisce all’amore”.
Il concerto registra già il tutto esaurito, a conferma del fatto che la vera arte può e deve convivere con le iniziative benefiche, e che tale commistione viene apprezzata e lodata da un pubblico sempre più partecipe e attento.



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mercoledì 1 aprile 2009

La Storia della Musica

I Queen sono il miglior gruppo rock che la Musica abbia mai avuto!
Ma non è di questo che vi voglio parlare in questo mio primo articolo musicale sul blog. Ci tenevo solo a precisarlo (da grande fan quale sono).
Detto ciò, per ora parliamo d’altro. La Storia della Musica è impreziosita da molteplici pagine superlative.
Parliamo per esempio di Jeff Buckley, voce e penna sopraffina della musica rock targata anni ’90.
Credo che questo artista, nonostante sia un personaggio di culto tra gli appassionati, non abbia mai raggiunto il grande pubblico, come avrebbe meritato. Forse a causa della sua troppo breve, se pur intensa, carriera artistica, stroncata dalla morte avvenuta nel 1997 a soli trent’anni.
Passa un’infanzia un po’ difficile Jeff Buckley, segnata dall’abbandono del padre, anch’egli cantante. Si avvicina molto presto al mondo della musica e dopo svariate esperienze, riesce a portare a termine il suo primo ed unico album, GRACE, edito nel 1994.
Album profondo, osannato dalla critica, caratterizzato da una voce inarrivabile, da testi splendidi e melodie divine.
Undici tracce che scavano nel più profondo dell’anima e rimangono dentro per sempre. Brividi assicurati ad ogni acuto, ad ogni “schitarrata” del grande Jeff.
Da segnalare “Last Goodbye”, “Hallelujah” (cover di Leonard Cohen), “Lover, you should’ve come over”. Ma soprattutto la title track, “Grace”, canzone indescrivibile, un crescendo eccezionale di chitarre e voce, sempre più emozionante, fino ad arrivare ad un finale a dir poco esplosivo!
Inizia poi a lavorare al nuovo album, ma varie difficoltà lo inducono a mandar via la band con cui registrava, rimanendo nella città di Memphis a comporre in solitudine.
Il 29 maggio 1997 mentre andava ad accogliere il gruppo che nel frattempo aveva richiamato, arriva in anticipo all’aeroporto, insieme ad un suo amico. E qui succede l’inspiegabile. Completamente vestito entra nel vicino fiume e lentamente si allontana. Non ne farà più ritorno.
Se fu un suicidio o un incidente ancora nessuno lo sa. Di sicuro quel giorno segnò la perdita di un grande genio musicale, che aveva ancora molto da dire.
Bono degli U2 lo ha definito "Una Goccia Pura in un Oceano di Rumore". Ottimo modo per descriverlo.
Vi consiglio allora di apprezzarlo nella sua opera migliore…Sedetevi in potrona, indossate le vostre cuffie e gustatevi Grace! Sarà un’esperienza soprannaturale!



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